Le notti di Tino di Bagdad di Else Lasker-Schüler
Le notti di Tino di Baghdad furono scritte dalla poetessa ebrea tedesca Else Lasker-Schüler nel 1907.
Sono un esempio straordinario di sperimentazione modernista e una testimonianza toccante del percorso poetico di una delle «più grandi voci liriche della Germania moderna».
Else Lasker-Schüler, che usava travestirsi come i personaggi dei suoi racconti, facendosi rappresentazione vivente dei suoi scritti, che amava l’arte cinematografica (e lo riflette nello stile), che percorse un sentiero parallelo tra letteratura e arte visiva (di cui fu protagonista, oltre che grande fruitrice), era una performer ante litteram. Non soltanto i temi racchiusi nel suo testo singolare, ma anche la forma sperimentale, ne fanno una sfida per un moderno tentativo di trasposizione teatrale e cinematografica. Ella sperimenta aspetti stilistici quasi avveniristici, propri della ricerca modernista, come la simultaneità, la poliprospettiva, la sperimentazione onomatopeica nonché un approccio narrativo complesso, privo di un centro, che sfrutta l’idea di incomprensibilità come elemento che obbliga il fruitore ad uno sguardo nuovo proprio verso l’idea di narrazione stessa.
Altro punto di forza di questo particolarissimo esempio di procedimento meta-testuale, sono le ambientazioni orientali nelle quali i racconti sono ambientati. Le narrazioni proliferano di elementi che spostano la “localizzazione” nel mondo arabo (donne velate, califfi, gran visir e dervisci, etc. ) così come ampi sono i rimandi biblici, all’universo greco o addirittura alla cultura induista, facendo così dell’indicazione topografica un mero scenario che non garantisce un setting unitario. In questo modo non stupisce quando, improvvisamente, nel racconto Il gran mogol di Filippopoli la capitale dell’impero assuma i caratteri della Berlino weimariana.
Gli elementi scenici, le descrizioni architettoniche, gli ornamenti e gli orpelli che fondano l’immaginario, diventano sinonimo di una stratificazione culturale in bilico tra ambizioni coloniali e fascinazione esotica.
Eloisa Perone